domenica 30 dicembre 2012

Una "Bridget Jones" nostrana

IL PIACERE E' TUTTO MIO

Vedere centinaia di commedie romantiche hollywoodiane ogni venerdì sera dall’età di dodici anni ti porta a valutare come altamente probabile la possibilità che in circostanze come questa un uomo sulla trentina, dannatamente attraente, ti prenda sotto braccio, ti accompagni sotto un ampio ombrello alla sua macchina e ti dia un passaggio a casa. Invece l’acqua ti inzuppa i capelli, cola attraverso i vestiti e non c’è verso che l’autobus si sbrighi ad arrivare. Ti assicuro che non c’è niente di sexy in tutto ciò. L’unico complimento che ti viene rivolto, se così si può chiamare, è il rozzo apprezzamento con tanto di fischiatina del primo camionista che passa davanti alla fermata.
Maledetti registi di Hollywood, maledetta industria cinematografica, con le sue stelle perfette, anoressiche e drogate, maledetti i colpi di fulmine e le farfalle nello stomaco alla vista di uno sconosciuto, perfetto pure lui, maledette le frasi fatte e le battute ritrite, maledetto il ci siamo appena incontrati eppure mi sembra di conoscerti da sempre, maledetto il lunedì e maledetta la pioggia. Potrei andare avanti a lungo, soprattutto oggi, ma voglio risparmiare tutta l’energia che mi resta per produrre calore e scongelare la punta delle dita e il naso. Maledetto il freddo sotto zero e anche quello sopra lo zero.
Con una predisposizione d’animo che non definirei tra le più adatte sono arrivata a lavoro, in ritardo ovviamente, e lo squillo del telefono in ufficio era un crescendo angosciante. Il numero di cose da fare supera già di gran lunga il tempo disponibile per realizzarle ed è solo l’inizio di questa giornata infernale. Levo il cappotto e la giacca zuppe e le appoggio sul termosifone, vado per sedermi alla scrivania quando noto la presenza di un intruso. D’istinto penso di essere nel pieno di un dopo-sbornia, mentre fisso i miei occhi in quelli del gatto. Un enorme, obeso gatto nero con una chiazza bianca intorno all’occhio sinistro se ne sta accoccolato sulla mia sedia. Solo dopo qualche secondo e un pizzicotto, realizzo di essere sveglia e noto il biglietto incastrato nel collare del tronfio animale, che non sembra avere intenzione di schiodarsi presto dal mio posto.

Sei un tesoro!
(Per questo ti ho assunta)
prenditi cura di Maya,
sono al convegno ma torno per le 17

Ecco cosa ti frutta un master in marketing: un lavoro precario da segretaria, sommersa da una valanga di telefonate, che riceverai in piedi perché il gatto obeso del tuo capo ti ha fottuto la poltrona. Mi chiedo dove sia finita la mia fata madrina, poi penso che con la mia solita fortuna mi sarà toccata una fata fattona o alcolizzata che dimentica i propri doveri.

-Ti aspettavo per le 8, ecco il tuo caffè… E’ freddo.

-Grazie Tanya, secondo te se mi siedo sul gatto capirà che deve levarsi?

-No, quel gatto è odioso! Sarebbe capace di fare la spia con la padrona piuttosto!

Che poi i gatti a me non sono mai piaciuti nemmeno se animati da Walt Disney. Tutti i bambini avevano paura di essere lasciati da soli al buio? Beh, io ero pervasa da brividi di terrore non appena mia sorella estraeva dalla custodia la cassetta degli Aristogatti. Per non parlare dell’istinto di fuga scatenato dall’immagine poco suggestiva di 44 gatti con le code allineate, in fila per sei col resto di due. Perciò oltre al danno di essere trattata come un’inetta dal mio capo, subisco la beffa di avere un gatto per collega.

-E fallo un sorriso ogni tanto, alle 17 comunicheranno i fortunati responsabili in partenza per la convention di Lione… Se vuoi un parere personale temo che il tuo look da miss maglietta bagnata non sarà così efficace.

-Tanya, non è giornata. Non sono in vena di battute. Non hai visto quanto diluvia oggi? Sono arrivata a piedi fin qui.

-Per te non è mai giornata! Non mi stupisce che qualunque ragazzo io ti presenti riceve un’importantissima chiamata di lavoro a metà del vostro appuntamento e scappa senza nemmeno finire la cena.

Tanya è la tipica ottimista da compensazione: sente il pressante dovere di bilanciare la mia negatività, mostrandomi la bellezza della vita. Organizza e mi coinvolge in uscite tra amiche in mezzo alla natura, picnic, feste a sorpresa, feste a tema senza un perché, appuntamenti al buio, in penombra e pure alla luce del sole. Finora i risultati scarseggiano, ma più mi rassegno a vivere da outsider nella mia prospettiva di ribrezzo nei confronti di pressappoco il mondo intero, più lei compensa con esasperanti speranze per il futuro e una determinata voglia di farmi inserire nella cerchia delle persone che frequenta (pressappoco tutto il mondo). E’ un circolo vizioso.
L’ultimo ragazzo che mi ha presentato, Giulio, era un biondino niente male, camicia bianca a righine azzurre, orologio da polso enorme e quintali di profumo da 70€ a boccetta. Un principe azzurro, se non fosse che nel corso dell’appuntamento (2 ore circa, il tempo di una cena al ristorante lussuoso scelto da lui) ha ripetuto per 37 volte, le ho contate giuro, non per vantarmi ma… Le persone narcisiste sono fastidiose, ma le persone narcisiste che negano di esserlo e pretendono che sfoderi un’espressione sorpresa e ammirata per ogni dettaglio della loro vita che inseriscono in modo subdolo nella conversazione sono insopportabili.
Ripensare ad appuntamenti-disastro simili non fa che rafforzare la mia nera previsione sul futuro. Diventerò una triste gattara. Oddio, no. Una gattara senza gatti, però. Una triste zitella inacidita in 50 metri quadri di appartamento.

-Inesatto. Hanno sempre finito la cena, avevamo semplicemente punti di vista divergenti su… tutto.

-Ti sei mai chiesta perché il tuo punto di vista diverge da quello di ogni altro essere umano? Ti lascio al tuo lavoro e a Maya. A proposito, dov’è sparita?

La mia sedia è totalmente ricoperta di peli neri, ma non c’è altra traccia di Maya. Il mio viso assume la colorazione di un lenzuolo e penso che adesso sono davvero fottuta.

-L’ho persa!

-Ma figurati, tesoro. Era qui 5 minuti fa, è un gatto non un ghepardo.

-Sempre di felini si tratta. Il mio posto di lavoro attualmente dipende dal ritrovamento della gatta obesa, ti prego dammi una mano.

Sono pervasa dall’angoscia. Cammino a una velocità esasperata e guardo in ogni angolo alla ricerca di quel muso baffuto. Faccio irruzione come una pazza nella sala fotocopie accanto al mio ufficio, mi inginocchio e gattonando osservo sotto la scrivania, dimenticando totalmente di non essere sola. Lorenzo Piani, addetto alle vendite, 32 anni, non riesce a trattenere una genuina e fragorosa risata di fronte all’imbarazzante scena di cui mi sono resa protagonista.

-Mi sono perso qualche nuova trovata pubblicitaria dell’azienda, per caso? Gli impiegati a quattro zampe e gli animali domestici alla scrivania… mi sfugge il messaggio sinceramente.

Sono un po’ confusa dal suo immenso sorriso bianchissimo e la fantasia riprende con una serie di scene romantiche di film dalla qualità cinematografica discutibile. Premo pausa e riemergo nella realtà, dove la mia gonna a tubino si è sollevata a un’altezza indecente e per alzarmi velocemente sbatto anche la nuca contro la scrivania. Un’umiliazione continua. Mi porge la mano destra e con fare disinvolto, per quanto mi è possibile, mi presento.

-Piacere, Sara Torrani, sono la nuova segretaria

-In realtà cercavo solo di aiutarti a uscire da sotto quella scrivania, ma il piacere è tutto mio. Sono Lorenzo.

Maledetto il lunedì e maledetta la pioggia, maledetto il mio capo e maledetta la mia fata madrina. La situazione non fa che peggiorare.

-Scusa… Stavo cercando il gatto. Ora lo prendo e ti lascio lavorare.

-Ho notato la sua presenza da almeno 5 minuti, ma ti confesso che ho scarsa simpatia nei confronti di gatti in sovrappeso, credo che lo stregatto di Alice mi abbia suggestionato un po’ troppo da bambino.

Ecco un risvolto inaspettato della mia giornata assurda: scoprire che il mio punto di vista diverge da quello della maggior parte degli esseri viventi, ma non di tutti. Ho finalmente un argomento a mio favore per diminuire il processo di compensazione di Tanya.

-Non me ne parlare. Quando ho accettato il lavoro, evidentemente non avevo idea di ciò che mi aspettava.

Accenno un timido sorriso e mi affretto alla porta nella speranza di non dare nell’occhio per l’ennesima volta. Desidero solo che si dimentichi totalmente di me, di ciò che ha appena visto. Quanti impiegati lavoreranno in questo edificio? Come minimo un numero a 3 cifre. Faccio per uscire ma la sua voce mi frena.

-Spero di incrociarti di nuovo, Sara. Magari senza gatti nei dintorni.

E di nuovo quel sorriso disumanamente bello. Ricordami di insultare più spesso il mondo intero, se questo è il suo modo di dimostrarmi che non è poi così maledetto. Sara 1, maledetto lunedì 0. Maya comincia a fare le fusa tra le mie braccia e i suoi occhi trasmettono una furbizia subdola e misteriosa.

-E’ inutile che mi guardi così, non mi piaceranno mai i gatti!



Scorcio di un'ironica "Bridget Jones" tutta nostrana. Una giovane donna sfortunata in amore e sul lavoro, una precaria di oggi come ce ne sono tante, magari anche nella vostra famiglia. Oggi non prendo la vita troppo sul serio e vi regalo questo episodio divertente. Buona giornata! 


2 commenti:

  1. Bel racconto e bella canzone! Se tutti i gatti portassero così fortuna potrei fare la catsitter (esiste?)! Spero che presto la realtà italiana cambi e One Day (tie! ti cito anche la canzone) non dovremmo più parlare di precari per descriverla!
    baciii

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    1. Già, sarebbe una buona prospettiva per il nostro futuro!
      Sono contenta ti sia piaciuto... Grazie cara (L)

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